Anno III - n.24 - 15 giugno 2002
UNA LEGGENDA URBANA
Teatro universitario e regolamenti ministeriali. Sperimentazione e criteri aziendalistici. Le nozze di Canetti a Reggio Calabria affollano il Siracusa. Ma per una sola serata. Poi i venticinque attori hanno dovuto lasciare lo spazio al club degli alpini...
di RENATO NICOLINI
Reggio Calabria - Il Teatro Universitario, negli stati Uniti, è una realtà che ha prodotto figure di assoluto rilievo per la scena
teatrale internazionale, come Peter Sellars. E' strano che, pur nella preferenza per il modello americano così esplicita nei gusti del nostro attuale Governo,
questo apparente dettaglio seguiti a sfuggire. Il
teatro universitario, proprio per la sua natura di associazione volontaria, non sottoposta ai vincoli della
professione, consente esperimenti che il teatro pubblico non può più consentirsi per questioni di bilancio. Come, ad esempio, mettere in scena
Le
nozze di Elias Canetti con i suoi venticinque ruoli. E' abbastanza evidente che senza questa possibilità, finisce per sfuggire ad un teatro sempre più
costretto a programmare i propri cartelloni sulla misura di spettacoli con pochi ruoli di servizio intorno a pochi (uno o due o tre al massimo)
mattatori proprio la
dimensione corale del gioco scenico. Sembra anche sfuggire alla memoria di chi si occupa in Italia di teatro la circostanza che il
teatro pubblico in Italia si
è costruito, nell'immediato dopoguerra e credo fino agli anni Sessanta (se devo dare fede alla mia nitida memoria di Carmelo Bene nel
Caligola di
Camus, o del Beckett di Leo de Berardinis, Carlo Quartucci e Rino Sodano) sostanzialmente su due modelli: quello del Piccolo di Milano di Strehler e Grassi; e quello,
appunto, del teatro universitario. Questa idea dovrebbe essere rafforzata dai successi, come docenti di teatro - molto particolari - all'estero, in Francia, in Giappone,
negli Usa, di Mario Ricci, Giancarlo Nanni, Memè Perlini. Che l'Università possa proporsi come luogo di una ripresa della consapevolezza del valore di
ricerca linguistica e comportamentale del teatro, finisce per diventare una necessità: se si considera i nuovi orientamenti dell'Eti di Lucio Ardenzi e del Ministero
dei beni e delle attività culturali, interessati a percorrere con rinnovato slancio la sciagurata china per la quale si è per primo precipitato Franco Carraro,
del
teatro come
azienda. Costituzionalmente debole, bisognerebbe aggiungere, nei confronti delle
aziende che offrono prodotti utilizzabili sul
grande e sul piccolo schermo, non legate ai costi dello
spettacolo dal vivo. Così misure, come quella di cui si parla (e che spero non verrà mai
assunta) di un limite minimo di quaranta repliche per gli spettacoli che aspirano al contributo ministeriale, non hanno altro valore che quello ideologico. Si ripete, come
un'ossessione paranoica, che si vuole trasformare il teatro in un'azienda; e si prendono misure modellistiche che finiscono per allontanare energie dal teatro,
soprattutto quelle che lo vedono come un territorio di ricerca da non uniformare ai modelli televisivi.
Un buon augurio viene dai risultati conseguiti quest'anno dall'Associazione teatrale studentesca di Reggio Calabria, che è riuscita, con
un budget complessivo di 15 milioni, a mettere in scena ben due spettacoli al Teatro Siracusa di Reggio. Le nozze di Canetti - di cui posso parlare senza
imbarazzo nonostante me ne sia stata accreditata la regia, perché la regia vera (sviluppando alcune mie idee molto generiche) è stata di Marilù
Prati, che ha lavorato per quasi due anni con venticinque studenti della Facoltà di Architettura e dell'Accademia di Belle Arti, fino a portarli in scena; e
Moderato Cantabile da Marguerite Duras, per la regia di Tiziana Bergamaschi, che ne è anche interprete insieme a Nestor Saied. Le scene dei due
spettacoli sono state realizzate dal Laboratorio di Scenografia dell'Accademia di Belle Arti diretto da Rocco Lazzaro.
Due messe in scena quasi diametralmente opposte: uno spettacolo di massa con venticinque attori, uno spettacolo con due attori. Un
adattamento da un romanzo (portandosi appresso, inevitabilmente, la memoria del film che ne ha realizzato niente meno che Peter Brook, con due icone del nostro
tempo come Jeanne Moreau e Jean Paul Belmondo), ed un testo che - se non sbaglio - ha conosciuto dal 1931 - anno in cui è stato scritto - ad oggi, una sola
messa in scena ad opera di uno stabile tedesco negli anni Cinquanta. Uno spettacolo tutto di testa, quello della Duras, ed uno di viscere, teatro acustico e di
maschere acustiche nel senso che ogni personaggio, già nel modo in cui parla, tradisce di non essere solo ragione ma corpo.
Una ragione di particolare interesse del testo di Canetti è - almeno per gli architetti - fornita dalla storia che narra, quella del crollo di una
casa per effetto di un terremoto, mentre si svolge in uno degli appartamenti la festa di nozze di Christa Segenreich. A questo scopo è stata costruita una scena
a due livelli, divisa nei cinque appartamenti più la portineria in cui si svolge l'azione del testo di Canetti. L'appartamento della vecchia proprietaria, la Gilz, il cui
pappagallo (uno straordinario Giuseppe Carullo), ripete continuamente <<Casa! Casa! Casa!>>; l'appartamento dei coniugi Thut, professore di liceo e
casalinga, che aspirano alla proprietà della casa della Gilz, con la fantastica idea di offrirle in cambio la vita del pappagallo <<che altrimenti quelle
cacciatrici di eredità delle nipoti assassinerebbero>>; la stanza di ragazza di Anita, dove il suo corteggiatore Peter Hell le chiede la mano; la casa di
Gretchen, donna d'affari, impegnata in una accanita discussione con Max su come acquistare la casa di Gilz, demolirla e rivenderla; il salone delle feste di casa
Segenreich, dove domina il contrasto tra l'ideologia del pater familias, rigida ed assoluta nei suoi pregiudizi, e l'odio reale di tutti gli altri membri della famiglia nei
suoi confronti; la portineria dove la vecchia portinaia sta morendo ed il portinaio legge freneticamente la Bibbia, più precisamente la scena in cui Sansone fa
Crollare il tempio sulle teste dei filistei.
Vorrei scriverne di più, citare, oltre Carullo, tutti gli altri giovani attori (Marilù Prati si era riservata la parte della vedova Zart, e mi
ha praticamente costretto - nonostante la mia riluttanza - ad interpretare quella di Segenreich: tutti gli altri ruoli, mi ripeto, sono stati il risultato del suo lavoro): ma a che
pro? Lo spettacolo è stato dato una sola volta senza nemmeno una replica, perché il giorno dopo il Teatro Siracusa era impegnato da una conferenza
della locale sezione del club alpino; nessuna delle autorità universitarie, locali o regionali era presente; ed il Ministero, se anche non lo ignorasse, lo
ignorerebbe per via dei tanti regolamenti che imprigionano il buon senso. E poi, il clima non è forse quello di puntare sulla professionalità (anche
precotta e decotta) piuttosto che sulla ricerca sperimentale?
Moderato Cantabile impegna due attori solo, ed ha delle scene più agili, quindi gli spettatori romani dell'Argot lo potranno
vedere. Ma Le nozze sembrano destinate a restare nella memoria dei reggini come l'unico spettacolo che ha riempito il Siracusa, fino ad avere spettatori seduti
nel corridoio centrale, dal giorno della sua riapertura. Fino a diventare una leggenda urbana. Ma la speranza è l'ultima a morire. Così nel giorno in cui
l'Ecuador ci aiuta a restare ai mondiali di calcio giapponesi, scrivo questo articolo, come uno degli scarsi ultimi giapponesi della battaglia teatrale. Chissà
che qualcuno, leggendolo, non possa aiutare a fare andare nuovamente Le nozze in scena. Sarebbe strano che un testo che ha avuto così poche
messe in scena debba soffrire la sorte offensiva di essere disturbato per una sola sera.