MEMORIE DI UN MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA

a1n16acido1Santarcangelo (RN) – Non è la prima volta che il testo di un magistrato approda in teatro. Quella Cantata per i bambini morti di mafia firmata da Luciano Violante ha avuto negli anni varie riprese e riallestimenti. E non è un caso che il tema trattato da Giancarlo De Cataldo sia lo stesso, anche se il punto di vista è ben altro rispetto a quello assunto dal suo ex collega oggi presidente della Camera. Con Acido fenico, che i suoi conterranei leccesi dei Cantieri teatrali Koreja hanno trasformato in una riuscitissima quanto scioccante opera rap con tanto di Sud Sound System in scena insieme a Ippolito Chiarello, De Cataldo costruisce una partitura realistica, i cui materiali sembrano arrivare direttamente dalla sua memoria sofferente di giudice di sorveglianza (oggi invece l’autore che ricordiamo anche per Minima criminalia è consigliere di corte d’appello).
Quasi a voler passare il testimone della propria impotenza agli spettatori, la violenza monologante di Mimmo Carunchio, camorrista per estrazione sociale, è lanciata dal palcoscenico dello Sferisterio di Santarcangelo (dove lo spettacolo ha debuttato lo scorso fine settimana) e arriva come un pugno in faccia.
Diretto da Salvatore Tramacere, Acido fenico – il micidiale odore che accompagna l’esistenza malavitosa di Carunchio – scorre sulle ultime ore di vita di un sottoproletario pugliese, ricacciato fin da bambino nel ruolo che la società gli impone dalla nascita. Chiarello con i suoi occhiali a goccia consegna un personaggio forte nella consapevolezza della sua scelta, mentre nel viaggio di ritorno dall’Albania racconta al giudice che lo accompagna l’escalation dei suoi reati.
Seduto in poltrona sul boccascena, pacato nei gesti un po’ grotteschi, Chiarello-Carunchio ogni tanto arresta la narrazione, lasciando ai Sud Sound System lo spazio per un controcanto rappato altrettanto duro del suo flusso di parole.
Torna a quel giorno in prima classe elementare, quando le dame della carità gli appiccicano addosso il marchio di bambino povero che emana puzzo di acido fenico. Capita così che si abbandoni la scuola e non si impari neanche a leggere e scrivere. E poi gli innumerevoli crimini elencati senza remora alcuna davanti a quel giudice impotente e sconfitto, disarmante nella sua onestà, che sembra sovrapporsi alla pura criminalità di Carunchio. Talvolta dietro, altre volte davanti a certi pannelli trasparenti (le scene sono di Luca Ruzza), illuminati dalle luci di Lucio Diana, intanto torna ad agire i gruppo musicale.
Termina in mare l’esistenza di Carunchio. Camorrista non pentito ma sconfitto. Come il suo giudice. (M.S.)