LOGGIONISTI SLOGGIATI

a1n21log1Milano – Loggionisti della Scala di Milano infuriati: ma era un infuriarsi prevedibile, visto che ciò che sembrava intoccabile, radicato, storico se non mitico, è stato più che toccato. Cancellato. Via i famosissimi posti in piedi, quelli collocati in prima e seconda galleria, i posti che costavano ancora l’irrisoria cifra di lire diecimila. Ma la Sovrintendenza – questa la dichiarazione ufficiale – ha dovuto operare seguendo precise prescrizioni della Commissione comunale di vigilanza. Che a dire il vero si è pronunziata (e da tempo) sull’intera struttura del tempio della lirica, il quale dovrà prima o poi essere posto in sicurezza: interventi rabberciati a seguire, da quel primo sopralluogo del 1984, tanto per tamponare, e poi la decisione di chiudere i battenti, a quanto previsto, dal primo gennaio 2002 fino al dicembre 2003, ambientando le messinscene al Teatro degli Arcimboldi.
Ma i primi a essere toccati sono stati loro, i loggionisti. Una prima alla Scala senza il loggione pare quasi inconcepibile, e parimenti è certo che i loggionisti non ci saranno, o almeno non potranno trovare sistemazione nell’abituale postazione, quella dei fischi e degli applausi scroscianti. Soluzioni alternative, nel tentativo di rimarginare la ferita, che è ferita pesante, non da poco: la vendita di sedie a prezzi, come si diceva un tempo, “politici”; o magari il ricollocare gli spettatori che entravano con diecimila lire in altri spazi (si parla del palco reale, ma di sicuro non alla prima – e, come già detto, una prima senza loggione suona stranamente, come se si trattasse di una mostruosità, di una cosa sinistra, triste e mutila già in partenza).
a1n21log2Si è deciso di inviare, diretta a Palazzo Marino, anche un’interrogazione, mentre è certo che il fattaccio sarà esaminato anche a Roma, presso il Consiglio dei ministri. C’è, chi a commento, ha detto che la Scala senza loggione manca di anima; c’è chi d’altro canto ha sottolineato come quelli della piccionaia non fossero di certo tutte anime candide: spesso e volentieri si trattava di claque pagata per rovinare un allestimento, per portare a compimento vendette trasversali fra cantanti (quasi scontati poi i segni di protesta nel caso di messinscene fuori dalle righe: ma si sa che i loggionisti sono tradizionalisti). Bisogna però considerare che l’opera lirica è uno spettacolo dal vivo, è un offrirsi bene o male senza rete, esponendosi senza la possibilità di replicare la scena una seconda volta: i fischi o gli applausi dei loggionisti erano realmente, in questo caso, l’anima dello spettacolo, il segnale, nel bene e nel male, che uno spettacolo vivente e non riproducibile trovava dinanzi a sé un pubblico vivo e sicuramente molto più motivato di tanti ospiti speciali, più o meno ingioiellati, più o meno pronti a guadagnare l’uscita dopo il primo atto.