LA LEGGE DI GIGETTO

22.05.2004 | Mariateresa Surianello
Il signor Rossi e la Costituzione, torna a Roma il terribile Paolo con le sue “adunate popolari di delirio organizzato”. All’Ambra Jovinelli fino al 30 maggio. Ma l’attore sta già cercando attori per il suo nuovo spettacolo

Roma – Molti romani erano rimasti scontenti, troppo poche le repliche di novembre all’Ambra Jovinelli per contenere tutti gli aficionados di Paolo Rossi. Così, eccolo di nuovo in scena a Roma (fino al 30 maggio) con le sue “adunate popolari di delirio organizzato” a chiusura di stagione. Bandito dalla televisione (in ottima compagnia, con Sabina Guzzanti, Daniele Luttazzi…), che negli anni Novanta gli aveva dato la notorietà di massa, questo piccolo grandissimo attore continua a mandare il pubblico in visibilio comparendo sui palcoscenici di tutta Italia. Con le sue affabulazioni riesce a costruire spettacoli che vanno a toccare la sensibilità di quella moltitudine capace ancora di pensare, e di coniugare il divertimento con l’impegno. Poi questo suo ultimo lavoro Il signor Rossi e la Costituzione si palesa fin dal titolo come atto di militanza che spinge alla riflessione, in un momento in cui della nostra Carta fondamentale se ne fa un gran parlare, troppo spesso a sproposito.rossi
E parte proprio dal fastidioso sproloquiare intorno alla Costituzione Paolo Rossi, dalla voglia di alcuni di modificarla questa Legge, considerata tra le migliori al mondo, e non ancora del tutto applicata. Per i “padri della patria” avrebbe dovuto costituire una lenta rivoluzione (Piero Calamandrei la definì una “rivoluzione a tappe”) con la sua sintesi del pensiero più sano dell’Italia antifascista, quello liberale, cristiano e comunista. Ma quanti la conoscono questa Carta straordinaria? Sicuramente sono in maggioranza quelli che non l’hanno mai neanche letta. E qui arriva Paolo Rossi, per colmare questo vuoto di conoscenza.
Accompagnato da tre musicisti e da uno svagato valletto pugliese, l’attore propone una lettura collettiva degli articoli, cominciando dai primi dodici, i “principi fondamentali”. Certo non tutti e centotrentanove (più le disposizioni transitorie e finali) alla fine vengono letti, ma in quasi tre ore di spettacolo diverse questioni saltano fuori, affidandosi un po’ alla sorte – sono sorteggiati tre numeri (qualcuno nel corso delle repliche li ha giocati a Lotto e ha vinto) – e un po’ alla volontà degli spettatori che sono chiamati continuamente ad intervenire, ad esprimere desideri… Abbiamo addirittura partecipato alla celebrazione di un matrimonio tra due giovani seduti in sala che non hanno soldi per sposarsi. L’officiante con tanto di fascia tricolore, naturalmente, era Paolo Rossi.
Ma se la struttura della messinscena resta la stessa da mesi – ha girato per novanta piazze – i testi (scritti dal comico insieme con Carlo Giuseppe Gabardini, Riccardo Piferi e Michele Serra) sono modificati anche ogni sera, legando con doppio filo lo spettacolo all’attualità. Non sfuggono agli autori le note performance quotidiane di Gigetto & Co. – nome dietro al quale “celano” l’inquilino di Palazzo Chigi – che recuperate integralmente e, senza pagare diritti d’autore, l’attore valorizza come pezzi di autentica comicità. Che Gigetto fosse un comico eccezionale, vera concorrenza, era chiaro fin dall’inizio. Da quel lontano ’82, e sono ora più di vent’anni che il buon Paolo è costretto ad occuparsene!
Può accadere però che la satira bruciante lasci il posto a brani politici classici, come un illuminante discorso di Pericle sulla democrazia ateniese. E vale la pena di rammentare che proprio questo testo Rossi avrebbe portato a Domenica in, lo scorso novembre, se la censura della Rai non avesse riscontrato un chiaro riferimento al Presidente del Consiglio e quindi bocciato. Si ricorderà che poi Paolo Rossi ha rinunciato al passaggio televisivo e a Bonolis, il quale nel frattempo è rientrato nei ranghi. Se suonava Su la testa il suo debutto tv in epoca Guglielmi (è stato il battesimo televisivo per un gruppo d’attori eccezionali da Bebo Storti a Antonio Albanese a Aldo, Giovanni e Giacomo, giusto per citarne alcuni) come possono aver sperato i funzionari Rai che il terribile Paolino scendesse a compromessi pur di apparire nella magica scatola.
Via da questa televisione (pubblica e/o privata è lo stesso), Paolo Rossi prosegue il suo lavoro in teatro, in quello spazio di libertà che il teatro permette e che un artista come lui cerca e ricreare ogni volta col contatto dal vivo. Forse, è un lavoro più lento – perché si raggiungono meno persone in una serata – ma più efficace, di questo è convito Rossi che sta già pensando al nuovo spettacolo, e cerca attori, in particolare, non italiani. A Roma ha fatto un’audizione nei giorni scorsi e un’altra è programmata per il 25 maggio. In bocca al lupo!
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