Il Centro Teatro Educazione (CTE) è stato, dal 1997 al 2010, la struttura per l’educazione al teatro che l’ETI – Ente Teatrale Italiano ha promosso e sperimentato, avvalendosi della mia consulenza come animatore e coordinatore delle attività. Diventato negli anni punto di riferimento nazionale per la qualità dei suoi risultati, il Centro Teatro Educazione, si è sviluppato su quattro linee di intervento: 1) la messa a punto, in tutti gli ordini di scuola, di modelli di “didattica della visione” per la formazione dello spettatore; 2) la progettazione e l’organizzazione su committenza di corsi di educazione al teatro per insegnanti e operatori teatrali; 3) l’attivazione, a Roma e a Firenze, di spazi permanenti di riflessione e approfondimento per tutti coloro che a vario titolo fossero stati interessati al rapporto teatro-educazione; 4) la sperimentazione di una metodologia per la formazione del pubblico, mirata a “costruire comunità” a partire dall’esperienza condivisa del vedere teatro.

Si è trattato di un lavoro lungo e articolato che ha permesso di accumulare una grande quantità di esperienze attorno alle quali si è raccolto e consolidato, nel tempo, un folto e appassionato gruppo di studio e ricerca, attivo a livello nazionale. La soppressione dell’Ente Teatrale Italiano ha abbastanza brutalmente interrotto la parte istituzionale dell’attività, ma il gruppo di ricerca è rimasto vivo e prosegue il suo cammino in forma autonoma e indipendente. A Roma, già questo settembre, il gruppo ha promosso VistiTutti! (un gruppo di spettatori impegnato a vedere tutti gli spettacoli di Short Theatre: esperimento di laboratorio e occasione di formazione) e sta, attualmente seguendo, in funzione di Osservatorio critico, il progetto scenico Bizarra.

La proposta che oggi il Premio Tuttoteatro.com “Dante Cappelletti” mi offre di presiedere la Giuria Popolare nei giorni 11 e 12 dicembre la vorrei accogliere come un’opportunità ulteriore di ragionare sull’esperienza di essere spettatori, nella situazione specifica: spettatori giudicanti. Che significa giudicare uno spettacolo, come nel giudizio entrano in gioco cultura, emozione personale, pregiudizio? Come giudizi espressi sullo stesso spettacolo da spettatori diversi entrano in dialogo o in conflitto? (è l’esperienza che si fa in una giuria, appunto, soprattutto se “popolare”, cioè di non addetti ai lavori).

L’invito a coloro che vorranno essere “con-giurati”, allora, è non solo quello di assumersi la responsabilità di assegnare un premio, ma anche quello di essere disponibili a rendere l’esperienza un momento di ricerca.

 Giorgio Testa