Due canguri per Andersen

04.06.2004 | Roberto Canziani
Dal 27 al 30 maggio, a Sestri Levante, un festival ha affiancato il Premio letterario dedicato allo scrittore danese che fu ospite, nel 1835, di questa parte della costa ligure. Spazio al teatro di narrazione, ma anche a quello di strada e urbano, perché è nella città che nascono le favole contemporanee

ander1Sestri Levante (GE) – Attrazione della serata sono due canguri giganti. Si chiamano Paul e Fiona, e secondo misurazioni attendibili possono saltare un metro in altezza e due di lato. Si muovono tra le gente che la sera affolla i vicoli di Sestri Levante. Stringono mani, distribuiscono pacche sulle spalle, parlano del continente australiano. Se qualcuno gli è simpatico lo prendono per il braccio e gli fanno fare quattro salti.
Paul Jones e Fiona Britton sono due degli artisti ospiti all’Andersen Festival. Esperti in trampoli, ne hanno progettato un paio che permette quest’andatura a balzelloni. Il loro spettacolo si intitola Roo’d kangaroos. Due performance al giorno. Quando rimettono i piedi a terra, a notte alta, sono distrutti.
Ma così è il teatro di strada. Teatro di resistenza, acrobazia, invenzione, visibilità. Come Paul e Fiona ce ne sono molti altri nel centro storico della cittadina ligure. Acrobati aerei, ginnasti con le loro incastellature d’alluminio, equilibristi su cicli monoruota. Un signore asciutto come un fachiro e con la barba lunga lunga (si chiama Andrea Loreni) presenta il personaggio più applaudito L’odalisca sul cavo. E si incontrano pure giocolieri e commedianti atleti: un giapponese, Senmaru Kagami, tiene le tazze da tè sempre in bilico, la poliglotta Girasola manipola sfere di vetro e altri ammennicoli che tira fuori dalla valigia, la comica australiana Judith Lanigan, in camice bianco, fa altrettanto con enormi palle oculari.
Sono i buskers, gli artisti di strada, finanziati in parte dal festival in parte dal pubblico, abbastanza generoso da riempire il cappello fatto girare sempre alla fine dello spettacolo. A Sestri li ha chiamati Leonardo Pischedda, che in pochi anni ha fatto crescere accanto al più autorevole e letterario Premio H. C. Andersen (oramai alla 37ª edizione, 1630 favole in concorso quest’anno, tra i vincitori nomi d’eccellenza come Calvino e Moravia) anche questo Andersen Festival, a cavallo tra teatro di narrazione e teatro di strada.
Se il teatro di strada è il carburante che per quattro serate alimenta la movida ligure dell’inizio dell’estate, la narrazione è invece il ponte tra letteratura e spettacolo. Una sezione del festival è riservata al teatro che racconta, o meglio, ai solisti raccontatori. Per loro l’atmosfera è un altra.
Una baia chiude ad arco la parte più raccolta del centro storico di Sestri, c’è la luce del tramonto e una piccola pedana di legno sfiora il pelo dell’acqua. Il pubblico, disteso sulla sabbia, sopra stuoie e asciugamani, ascolta. Può essere un racconto fantaecologico come Accadueò di Michele Santeramo interpretato da Franco Ferrante e Michele Sinisi. Oppure il resoconto di un viaggio, quello di Giuseppe Cederna in India. Possono essere le divagazioni post-mortem dello scrittore siciliano Roberto Alajmo, documentatissimo sui funerali di Pirandello. O le confessioni e le sconfessioni di classe di Michele Serra. O ancora i racconti del tempo del lavoro di Ascanio Celestini, accompagnato come sempre dalla musica di Zamarelli e D’Agostino.ander2
Bello in ogni caso è il silenzio dell’ascolto. Tutti là, a sentire. Non per niente l’insenatura si chiama Baia del Silenzio. Ai Racconti della Baia, programmati ogni sera alle 18.00, fanno eco alle 21.30 i Racconti di Sera. Niente paura se tira un po’ di vento: Cederna parla dell’Himalaya e delle sorgenti del Gange e un piccolo brivido è di rigore. A Celestini tocca anche un compito più ufficiale: raccontare C. H. Andersen. Ma lo fa alla sua maniera, popolare e italica, così che lo scrittore danese sembra più vicino. Del resto, qui a Sestri, Andersen fu ospite nel 1835 e questo festival lo onora senza manie né presunzioni, facendosi bambino.
I bambini, a dire il vero, stanno altrove. Il teatro di narrazione è una faccenda per adulti. I bambini hanno optato invece per la strada. Per quel camion travestito da carrarmato e fatto arrivare fino a qui dai francesi di Genérik Vapeur. Loro, una compagnia storica di teatro urbano, hanno voluto duecento bidoni (bidoni da petrolio, capacità 200 litri) e li rotolano per le strade, accompagnati da un bel po’ di musica, fracassi, torce e scherzi col fuoco. Hanno le facce dipinte di blu e si arrampicano sulle impalcature. Come il pifferaio di Hamelin, trascinano tutti in periferia, nei pressi del capannone di un’industria dismessa. Poi lanciano un’automobile contro una catasta di bidoni e con l’acre fumo giallo che sale celebrano l’abbandono e la fine della fabbrica. O è solo la fine della serata. I bambini sono tutti là. Con gli occhi che brillano del rosso delle fiamme, applaudono la favola contemporanea e urbana del fumo e del fuoco.