Premio Tuttoteatro.com
alle arti sceniche “Dante Cappelletti”
2009 – sesta edizione

Un anno difficile per il teatro italiano sta per terminare, lasciando poche speranze per il prossimo futuro. In un paesaggio sempre più segnato dai danni di una politica culturale inadeguata alla realtà del Paese, a quella diffusa presenza di produzione indipendente essenziale al rinnovamento del teatro, diventa utile l’esito della ricognizione nella scena contemporanea che il Premio propone con le sue due giornate conclusive al Teatro India.

La creatività indipendente è la prima a restare schiacciata sotto il peso di questa crisi che sta iniziando a mostrarsi in tutta la sua insondabile profondità. Dove arriveremo e quello che accadrà nei prossimi giorni è un’incognita, di certo non sarà facile né rapido risollevare le sorti del nostro vivere quotidiano. Se di crisi economica si parla molto, poco si dice e nulla si fa per arginare la perdita dei valori fondamentali alla convivenza civile, anzi la si alimenta mostruosamente, gettando in pasto al popolo frasi prive di senso, composte con parole alle quali si vuole far perdere ogni significato. Parole innocue – quali respingimento – diventano portatrici di azioni orribili perpetrate attraverso nuove leggi, mentre parole alte, potenti, bellissime, dal suono evocativo – come libertà – subiscono un rovesciamento di senso, sono svuotate della loro funzione. Un linguaggio sconquassato, alla deriva, che rispecchia la decadenza morale raggiunta dalla società italiana, da quella parte di noi che, obnubilata da interessi personali, calpesta impunemente le regole della democrazia.
Nella parola, proprio perché soggiogata dall’ignoranza e dall’arroganza, e in quanto significante supremo di un patto di condivisione e di comprensione reciproca, confidiamo, andando a concludere questa sesta edizione del Premio dedicato a Dante Cappelletti. Nella parola che a teatro si fa carne viva, fonte di energia continuamente rinnovabile attraverso il corpo in azione, possibilità di trasmissione di un pensiero non superficiale, sia esso declinato sulle rotte della memoria o dentro i tunnel che ci oscurano oggi la vista del sole. I sette studi scenici, selezionati dalla giuria nelle giornate semifinali dello scorso novembre al Teatro Furio Camillo di Roma, propongono tutti un percorso funzionale alla riflessione su temi cui volentieri eviteremmo di soffermarci. I milanesi di Macrò Maudit con il loro Acido solforico entrano nelle dinamiche spregiudicate dell’industria televisiva, che qui arriva a riprendere lo sterminio nazista come modello per un nuovissimo reality show. Mentre Paola Marcone spinge il mito dentro i massacri delle nostre “guerre giuste” e compone un primo incontro tra Mister Jason e Lady Medea. E ancora di morte diffusa raccontano i giovanissimi DomInic De Cia e Sara Allevi con Cernobil’ Tour, partendo da una delle migliaia di piccole storie scaturite dall’omonima catastrofe nucleare, del 1986. A trenta anni prima, al 1956, torna Alessandra Crocco, attraversando con Non ti ho mai tradito le disillusioni di un giovane partigiano comunista italiano che assiste incredulo all’avanzare dei carri armati sovietici su Budapest. Siamo ai nostri giorni con Pietro Faiella e il suo Mondocane, uno spaccato abruzzese feroce e dai suoni duri che trascina due uomini verso lo scontro estremo. Sul confine della sopravvivenza dei reietti va Gigi Borruso, che della sua Palermo ha scelto di dare voce ai più deboli in un Fuori campo colmo di vittime innocenti della corruzione e dei giochi di potere. E infine con una sorta di supponente disincanto l’altro palermitano, Giuseppe Provinzano, scaglia invettive mülleriane dalla sua Radio Hamlet.
Si ricompone, con questi sette studi scenici, quasi un piccolo mosaico di critiche a un sistema di poteri votato alla esclusiva conservazione di se stesso, cieco di fronte alle trasformazioni della società e sordo verso i nostri bisogni, le nostre emozioni, i nostri sentimenti. Pronto con ogni mezzo a soffocare la nostra speranza di vivere tutti in un mondo più giusto. Ma noi continuiamo a respirare. Infatti, la ballata di Alice, che Elena Vanni prende in prestito da Nanni Balestrini, arriva nel foyer come chiosa ai giocosi esercizi poetici della Signorina Richmond. E sia ancora la parola poetica di Ingeborg Bachmann, che chiude questo libretto, a regalare a ciascuno di noi, anche in questo 2009 senza speranza, la libertà di immaginare paesaggi migliori.

 

Con piacere voglio qui tornare a ringraziare le Istituzioni che sostengono il Premio e, in particolare, Giovanna Marinelli, che ci accoglie per il terzo anno consecutivo nella prestigiosa sede dello Stabile romano, offrendo alle sette nuove opere finaliste una visibilità non ordinaria.
E grazie a Rita Cappelletti e Adino Ballerini, Grazia Maria Ballerini, Paola Ballerini e Denis Cohen, Adelfio Carrucoli, Rialtosantambrogio, Elvira Frosini, Elena Vanni e Nanni Balestrini, Joe Legwabe.