a1n2parsiRoma – Un penetrante suono di tamburo invade la scena, pervasa di naturale, solare biancore. Sembra il richiamo di un rito tribale al suo avvio, come spesso accade negli spettacoli della Valdoca. E prosegue quel ritmo, quasi a predisporre gli spettatori alla visione, trascinandoli in una transe atavica. Da quel vuoto di parola si leva allora l’urlo straziato di Parsifal che non ancora in scena inizia il suo lamento poetico. Poi eccolo concedersi alla vista, ricoperto su volto e dorso di biacca maculata di rosso, è l’attore Danio Manfredini. La voce rauca e disperata esce da un corpo contorto e alta si libra nel monologo iniziale: <<Non posso non voglio non più posso/ non più posso tenere la sopportazione>>, splendido avvio di una messinscena che trova il suo punto di forza proprio nella presenza stra-ordinaria di questo corpo e di questa voce. Torna a mostrarsi Parsifal, fuoriuscendo da quel <<buco vuoto>> durato lunghi anni, ebbro di stanchezza, consumato da un’esistenza vagante alla ricerca del Graal, appare in scena trascinandosi sulle gambe flesse.

Così, dopo Parsifal piccolo Cesare Ronconi col Teatro Valdoca incontra, con questo Parsifal, il vecchio cavaliere del grande romanzo incompiuto di Chrétien de Troyes (del XII secolo), che qui diventa un eroe laico, caricato di tutti i dolori del mondo. Un uomo, i cui occhi tutto hanno visto, reso folle dal cammino verso la conquista di quella lucida consapevolezza delle contraddizioni che velano l’esistenza umana, “nel crudele splendore del mondo” – come è scritto per sottotitolo.

Poi, da dietro i tre teli bianchi posti sul fondo, entra la schiera di cavalieri senza armature, ma ridotti a mobilissime marionette con lunghi nasi alla Pinocchio e sul capo conici cappellini alla Merlino. E’ un popolo clownesco quello che inizia una danza ininterrotta sul battito del tamburo di Ronconi, che dirige lo spettacolo dall’interno, mentre avviene – lo stesso che accadeva in Fuoco centrale. Lì, però, il regista lavorava di pennello, passandolo intriso di colore rosso sugli attori in azione.

In questa massa di acrobati danzatori – anche qui segnati di colore – si mescolano, confondendosi, i personaggi deputati a recitare i versi pieni di senso e di provocanti ripetizioni scritti da Mariangela Gualtieri. Solo la parola distingue dall’omologazione e connota quelle figure vaganti nell’Irsuta Cundri, in Biancofiore, nell’Eremita o nella Madre. E qualche elemento aggiunto sugli ginnici shorts neri, che per qualcuno è un tutù di tulle e allora chi lo indossa compie passi di danza più accademici, nonostante gli anfibi calzati ai piedi. Per il resto si somigliano tutti, tranne il giovane Parsifal col suo strano copricapo e senza naso, che spesso si avvicina al Parsifal di Manfredini per baciarlo teneramente. E’ questo giovane a consegnare al vecchio una lunga canna che appare inutile quanto una lancia spezzata, ma che comunque Parsifal impugna nel suo moto circolare, costantemente seguito da quei due enormi riflettori piantati agli angoli della scena e manovrati da altrettanti pinocchi.

Quando il flusso testuale monologante di Gualtieri si interrompe è la danza a dominare la scena, divenendo minacciosa e di gruppo sul ritmo del tamburo o distendendosi su note wagneriane. Intanto, Parsifal a piedi nudi prosegue il suo cammino su questo palcoscenico circense, chiuso sulla ribalta da una fila di lampadine a pallina trasparenti ripetuta anche sul fondo. Ed è una scena che si rivela a tratti piena di tragico-erotica ironia e poi di giocosa felicità. Ma durano poco. L’andare di Parsifal per il mondo è solo sofferenza, contrazioni del corpo e della mente, che sono un’altra grande prova d’attore per Danio Manfredini. Quell'<<amore grandissimo per le cose mancanti>> lo getta in terra e lì si contorce <<slentato d’amore>>. Il suo Graal l’ha <<ritrovato e perso cento volte>>.

E alla fine, la presa di coscienza appare totale. Di nuovo in terra, il lungo naso schiacciato sul pavimento, sembra regredire allo stato fetale. Forse è la morte che arriva, mentre Parsifal chiede perdono per quel poco, per tutto quello che sa.

Parsifal prosegue la tournée a Verona (Teatro Camploy, il 31 marzo), Perugia (Teatro Morlacchi, il 4 aprile), Udine (Teatro Zanon, l’8 aprile), Ravenna (Teatro Alighieri, il 13 aprile), Casalmaggiore (Teatro Comunale, il 15 aprile) e Ferrara (Teatro Comunale, il 20 aprile).