Anno III - n.25 - 21 giugno 2002

MORBIDEZZE PER PIACERE AD OGNI COSTO
Spigoli smussati in questa Maria di Buenos Aires di Astor Piazzolla che chiude la stagione del Comunale di Bologna nella sala Bibiena. La dirige Gabriele Vacis con le coreografie del tanguero argentino Miguel Angel Zotto

di MASSIMO MARINO

Bologna - Per una volta stregati dal tango, da quelle note strascicate, da quegli incisi ripetuti, variati, che è come ti abbracciassero e ti allontanassero. La voce non si impenna negli acuti lirici: si svolge morbida, calda, un po’ roca. Fra gli strumenti spicca il lamento trattenuto del bandoneon. Il pubblico del teatro lirico, del Teatro Comunale di Bologna, è un po’ perplesso e un po’ ammaliato da questa Maria di Buenos Aires di Astor Piazzolla, rappresentata in chiusura di stagione nella settecentesca sala del Bibiena, poco usa ad accogliere esperimenti arditi.
Qui, in realtà, non c’è nulla di "ardito". Solo un’opera costruita da un grande musicista, completo, con una musica non accademica, sporca di vita, di dolore e di struggimento, di ascolto di un’umanità pochissimo cortigiana. Assecondata dalle parole liriche all’estremo di Horacio Ferrer, un tentativo di strappare il quotidiano al grigiore, un barocco fiorire su una musica che deve rapire i sensi.
Di Maria, come in un nō giapponese, uno spirito, el Duende, canta la vita e la morte, evocandone il carnalissimo fantasma. Maria è una donna venuta dalle periferie, che ha visto caseggiati poveri, passaggi a livello, gol, sale da ballo, bordelli: capace di dominare l’uomo, di desiderare, di donarsi e di morire. Per gli autori Maria è come la sua città, generosa e scontrosa come Buenos Aires, come la sua musica e il suo ballo, il tango.
Maria sulla scena è Vanesa Quiroz, un’attrice giovanissima (ventisette anni) e magnetica, dalla voce profonda, accompagnata da José Angel Trelles, Juan Vitali, Miguel Angel Zotto e da altri interpreti. La musica mescola le sonorità di tanghi e milonghe con altre più classiche o provenienti dal musical. Eseguono il Nuevo Ensemble Porteño e l’Orchestra da Camera di Bologna, diretti da Pablo Ziegler, e danzano i ballerini della compagnia argentina "Tango X 2" (firma le coreografie Miguel Angel Zotto).
L’opera è lirica ed epica, un racconto, un inerpicarsi di immagini e parole. Pochissimi sono i momenti propriamente drammatici. E da questa trappola difficile si fa catturare il regista, Gabriele Vacis, nome ben noto agli appassionati del nuovo teatro degli anni ottanta approdato ormai ai palcoscenici maggiori. Non riesce a trovare una chiave visiva e di lettura che stia alla pari con il fascino della musica e del poetico stridore delle parole: le immagini sono semplicemente ripetitive, evocanti distanze urbane con passerelle da interno d’architettura e bordelli, balere o case con sipari di pizzo o lenzuola variamente agitate, lettoni e armadi su ruote, tavolate con lunghe teorie di bottiglie e di bicchieri (le scene sono di Francesco Calcagnini). Sembra un’Argentina sognata in qualche salotto torinese, qualcosa come la Malesia di Salgari o qualche immaginazione di Gozzano (senza la sua ironia). Le luci pastello di Roberto Tarasco contribuiscono non poco a rendere melense e caramellose le situazioni, tutte peraltro molto danzate o mimate. La morbidezza, la levigatura di ogni spigolo, sembra la cifra espressiva dominante di uno spettacolo che vuole smaccatamente piacere. Non c’è stridore, né sudore; si riveste la povertà, trasfigurata in mito ruggente e lacrimante da Piazzolla e Ferrer, di abiti troppo buoni, troppo garbati, troppo dignitosi e alla fine sussiegosi, alla ricerca di uno stupore dell’occhio che risulta stucchevole e poco incisivo. Ogni soluzione sembra un’evasione a buon mercato dall’incontro o dallo scontro con le difficoltà di un lirismo estremo, di un’epicità sognante, in un’opera che cerca di riformulare l’idea di teatro musicale contemporaneo non sulle direttrice dell’avanguardia, ma su quelle della mescolanza dei generi, fra colto e popolare, fra citazione e invenzione.
Ma la musica, il canto, i suoni sono penetranti, con qualche fastidio per un’amplificazione non perfetta, che esalta troppo l’orchestra e non sfrutta appieno i colori delle voci.
Repliche il 23 e il 28 giugno alle 18 e il 26 alle 20 presso il Teatro Comunale di Bologna.