Anno II - n.17 - 28/04/2001

DAL 19 LUGLIO AL 16 OTTOBRE, 1943
Tra il bombardamento di Roma e la deportazione dal Ghetto. Si colloca in quei tragici mesi la vicenda de Il cappello di carta di Giovanni Clementi, in scena al romano Teatro della Cometa, fino al 13 maggio, con la regia di Nora Venturini. E la Grande Storia finisce per rispecchiarsi con nitore nelle vicissitudini, non prive di accenti burleschi, di una scombinata famiglia suburbana, dominata da Nonno Carlo, nel quale si cala a meraviglia Riccardo Garrone

di AGGEO SAVIOLI

Roma - Per una coincidenza, forse, non del tutto casuale, mentre sugli schermi italiani continuano le proiezioni del bel film di Ettore Scola Concorrenza sleale (seppure la risposta del pubblico potrebbe essere più adeguata all'importanza dell'argomento e al livello del risultato artistico), ecco, al romano Teatro della Cometa, rappresentarsi (fino al 13 maggio) un testo nuovo, Il cappello di carta di Giovanni Clementi, che, col lavoro cinematografico, ha più di qualche affinità. Là si parla del 1938, delle infami leggi razziali, della rivalità e poi di un'albeggiante solidarietà tra chi, da quella congiuntura, potrebbe trarre perfino vantaggio, e chi ne è vittima. Qua la vicenda si colloca nel 1943, tra il feroce bombardamento di Roma del 19 luglio e la non meno tragica giornata del 16 ottobre, segnata dalla razzia nazista nel Ghetto e dalla deportazione di tanti ebrei, anziani e giovani, donne e bambini, molti dei quali destinati a non più tornare. Per un arrischiato gesto di umanità, un piccolissimo figlio di Israele troverà rifugio e asilo in una scombinata famiglia suburbana, dominata da una classica figura patriarcale, Nonno Carlo. Il minuscolo quadro domestico che ci viene proposto, colorito a dovere, sfugge peraltro, quasi miracolosamente, alle insidie dell'aneddotica; e la Grande Storia finisce per rispecchiarsi con nitore nelle vicissitudini, non prive di accenti burleschi, di quella gente semplice.
Colpisce, appunto, l'appropriatezza dei riferimenti, anche spiccioli, alla vita dell'epoca, che punteggiano lo svolgersi della situazione. Giovanni Clementi, per quanto ne sappiamo, è giovane, ma deve essersi ben documentato. Noi, allora in età verde, ci siamo rituffati in un passato che, davvero, sembra non passare mai. Notevole è anche lo studio, che l'autore compie, e il recupero che effettua, di una lingua, o "parlata", oggi in via di estinzione, e che ritroviamo soprattutto nell'eloquio del Sor Carlo, romano e romanesco (e manesco, all'occasione). Nel personaggio si cala a meraviglia Riccardo Garrone, sottratto alle effimere luci della pubblicità televisiva. Ma, guidati con affettuosa cura dalla regia di Nora Venturini, nella perfetta cornice scenografica di Sergio Tramonti (non meno pertinenti i costumi di Agata Cannizzaro), sono tutti assai bravi, e degni di menzione, da Loredana Solfizi a Paola Giannetti a Sabrina Impacciatore, da Augusto Fornari a Bruno Conti a Emanuele Cerman.
Già, ma quel titolo, Il cappello di carta? Sì, era questo il classico copricapo dei muratori di Roma, fatto, non senza abilità, con fogli di giornali quotidiani. Altri tempi...