Premio Dante Cappelletti 2006 – I 12 semifinalisti

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 Premio Dante Cappelletti 2006 – I 12 semifinalisti
martedì 21 novembre

ore 15:45
Incontro e formazione giuria popolare

ore 16:00
Compagnia Teatrale Instabili Vaganti (Bologna)
Gli stracci della memoria

ore 17:00
Edgarluve (Livorno)
Ultra

ore 18:00
Dello Scompiglio (Vorno – Lu)
in collaborazione con Alba Theaterhuis (L’Aia – Olanda)
Sweetheart, why did you lose?

ore 19:00
Centro Mediterraneo delle Arti (Rivello – Pz)
Asso di monnezza

ore 20:00
Ludovica Andò (Parigi/Roma)
Questa è la voce mia

ore 21:00
Ventichiaviteatro (Roma)
Annuska

mercoledì 22 novembre

ore 15:45
Incontro e formazione giuria popolare

ore 16:00
Santasangre (Roma)
Spettacolo sintetico per la stabilità sociale

ore 17:00
Mover (Roma)
Cosa si dà al cane quando abbaia

ore 18:00
Michelangelo Dalisi (Napoli)
Primo clown, secondo clown, Amleto (provvisorio)

ore 19:00
Teatro Noctu (Rende – Cs)
Beautiful and agony

ore 20:00
Gigi Borruso (Palermo)
Luigi che sempre ti penza

ore 21:00
Piena Improvvisa (Roma)
La lingua salvata da Elias Canetti

Compagnia Teatrale Instabili Vaganti (Bologna)
Gli stracci della memoria
ideazione e realizzazione Anna Dora Dorno
performers Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola
installazione Anna Dora Dorno e Luana Filippi
video Salvatore Laurenzana
Stracci, brandelli di testa, di carne, di pensiero, di ricordi. Elementi di un mondo in frantumi che cerca di ricomporsi, ma non può. Cerca l’unità nella totalità delle arti, ma si scontra contro la fatiscenza delle strutture predisposte all’arte stessa, contro la logica del potere e dell’economia, sfilandosi in innumerevoli frammenti. Frammenti fotografici, performativi, artistici che sbattono nella testa di chi li genera, che si muovono impazziti prendendo la forma di brandelli d’arte dispersa in ogni luogo. Il tentativo è quello della ricongiunzione. Tutto rimbalza nel contenitore della mente che custodisce e conserva per trasformare in visione ciò che la memoria ha trasfigurato. Sensazioni che attraversano il corpo lasciandogli patire, attraverso la propria carne, la sofferenza del vivere in disaccordo con ciò che gli antichi miti possiedono. Tutto questo porta alla creazione di un progetto delirante in cui tre momenti performativi gettano le basi di un continuo scomporsi e ricomporsi in base agli spazi, alle situazioni e ai luoghi.
Edgarluve (Livorno)
Ultra
rielaborazione da I furiosi di Nanni Balestrini
ideazione e regia Edgarluve
drammaturgia Alessio Traversi
con Marco Mannucci
batteria Francesco Zerbino
organizzazione Federico Bernini
con il contributo di alcuni ultrà della Curva Nord di Livorno
Ultra è un monologo “selvaggio” dedicato al mondo ultrà. Un mondo per una volta tanto osservato dall’interno, e non attraverso la lente deformante del salotto televisivo. A prendere la parola non sono gli opinionisti e i sociologi dei talk-show, ma l’ultrà stesso, per raccontare, per esprimere la sua realtà senza apporvi un giudizio morale. Non si rivendica, non si condanna. Si dice soltanto: questo esiste, questo è. L’adattamento teatrale de I furiosi di Nanni Balestrini è basato sul contributo che un gruppo di ultrà livornesi ha voluto fornire a questo lavoro, rilasciando alla compagnia una serie di video-interviste, poi rielaborate nella messa in scena finale senza filtri, nell’intento di dare spazio soprattutto alla “verità” di chi parla. In scena solo un attore e una batteria. Un apparato minimo per una narrazione epica. Un poema eroicomico in cui si lotta per non vincere nulla: l’importante è il cammino, il viaggio, la trasferta. Il modo per dare senso alla furia che si ha dentro.
Dello Scompiglio (Vorno – Lu)
in collaborazione con Alba Theaterhuis (L’Aia – Olanda)
Sweetheart, why did you lose?
una composizione di Carl G. Beukman, Cecilia Bertoni, Saskia Mees
regia Saskia Mees
performer Cecilia Bretoni, Carl Beukman, Serge Cartellier
suono e musica Carl G. Beukman
istruttore pattinaggio Serge Cartellier
direzione tecnica Thomi Kholer
produzione esecutiva Michela Giovannelli (Dello Scompiglio), Karin Lucet (AlbA Theatehuis)
Un corpo, solo sul ghiaccio, solo nella pioggia, che cade nell’acqua. Sogna di danzare sull’acqua. Lei che sogna il suo incubo di sconfitta. Noi tre, da persone di teatro, siamo affascinati dal concetto della vittoria e della sconfitta. Che è il nostro punto di partenza per il progetto Sweetheart, Why Did You Lose?. Qualcuno sta danzando sul ghiaccio, tracciandolo con solchi taglienti, come il corso della vita, con macchie e graffi, cicatrici e ferite su quella superficie vasta e liscia. E le medaglie, le coppe e i premi che tremolano in lontananza. Sarà invece sconfitta? A chi importa? Chi osa? Una installazione “mobile”, tragicomica, sul palcoscenico dove si seguono le immagini di una pattinatrice sul ghiaccio, dove non c’è ghiaccio, che entra e esce. Cecilia Bertoni, Carl Beukman e Sasia Mees lavorano insieme da quattro anni ormai, e traggono discreta ispirazione proprio attraverso le loro differenti personalità e discipline diverse. Mescolano materiali, e oltrepassano certi confini per trovare il loro modo di fare teatro. Una cooperazione eccitante. Musica, testo, suono, movimento e immagine contribuiranno a rendere la realtà tragica più intima e l’assurdità ironica del vincere e del perdere. (Saskia Mees)
Centro Mediterraneo delle Arti (Rivello – Pz)
Asso di mondezza
I traffici illeciti di rifiuti
di e con Ulderico Pesce
Il nuovo testo di Ulderico Pesce rientra nel filone del teatro civile già percorso con Storie di Scorie: il pericolo nucleare italiano. Racconta i traffici illeciti dei rifiuti urbani e soprattutto di quelli industriali. Il testo è stato scritto in base alla documentazione ufficiale della Magistratura italiana, molte delle indagini citate sono ancora in corso, e all’interno del copione si fanno i nomi dei clan della camorra che si dedicano a questa fruttuosa attività, dei funzionari delle Istituzioni pubbliche coinvolti e dei titolari delle “finte” ditte di compost per l’agricoltura che scaricano i rifiuti tossici in discariche abusive o sulla terra agricola. Pesce mira a far comprendere l’intera catena del traffico illecito dell’immondizia, anche da un punto di vista geografico, dal primo anello, rappresentato dalla produzione del rifiuto industriale, prevalentemente nel Nord-est, al suo smaltimento illegale nel Mezzogiorno d’Italia. L’anello centrale della catena è rappresentato dai laboratori di analisi e trattamento chimico, prevalentemente toscani, che sono pronti in cambio di fior di quattrini a rilasciare falsi certificati in cui si dichiara che il cromo, lo zinco e altri rifiuti altamente tossici sono stati lavorati chimicamente e resi innocui. Con questi falsi certificati i trafficanti attraversano con tutta tranquillità mezza Italia e scaricano questi prodotti in discariche abusive o su terreni agricoli o nei laghi o nel mare. In Italia sparisce ogni anno, una montagna di rifiuti tossici alta 1.800 metri e con un piede di tre ettari. Dove finiscono queste montagne di porcheria? Nell’ambiente!
Ludovica Andò (Parigi/Roma)
Questa è la voce mia
di e con Ludovica Andò
aiuto regia Sarah Sammartino
allestimento luci Francesco Giannini
Questa è la voce mia è la storia di una donna, italiana, siciliana. Nata a sud del sud, cresciuta «insieme con le galline e i porci e con la gente che erano più porci dei porci». Sposata di forza ad un uomo più violento e più animale di suo padre. Una donna che ha conosciuto l’umiliazione del carcere per aver alzato la testa e la mano contro questo uomo. Una donna delusa. Ma sempre pronta a partire, cambiare, lottare, rubare, se necessario e giusto. Questa è la voce mia è la storia di una voce, che tutte queste cose porta in sé, nel tono grave, rauco. Una voce gridata e sofferta, un urlo vitale, di denuncia, di lotta. Un canto di amore e di odio per la Sicilia madre e aguzzino, generosa e diffidente, prosperosa e secca. Un canto popolare, antico, di passioni brucianti, d’amore, di giochi polverosi di strada. Una ninna nanna. Questa è la voce mia è la storia di Rosa Balistreri, cantante e cantastorie siciliana, nata a Licata il 21 marzo 1927, morta a Palermo il 21 settembre 1990.
Ventichiaviteatro (Roma)
Annuska
tratto dal libro Storie di una staffetta partigiana di Teresa Vergalli
regia Ferdinando Vaselli
con Rosa Sironi
con la partecipazione di Teresa Vergalli
Teresa ci dice che è del ’27. Nel 1943 aveva 16 anni. Dopo la guerra ha fatto la maestra e queste storie non le ha mai raccontate, pensava che non fossero importanti, poi, dopo tanti anni ha iniziato a scrivere. Quando leggi Storie di una staffetta partigiana ti sembra di aprire un baule pieno di fotografie, facce, oggetti, luoghi, nomi, frammenti di un viaggio attraverso il Novecento, un viaggio intimo, composto. Nelle “storie” si sentono le imprecazioni dei contadini, i nomi, i soprannomi che si trasformano in canti di lavoro, senti quasi l’eco di Verdi, ma questi canti diventano anche di lamento, un lamento sommesso. Prospero il padre di Teresa picchiato dai fascisti, messo in galera, senza lavoro, Caterina la mamma, donna che comanda in casa ma che non può parlare fuori, la Zia Dirce, femminista ante litteram, sarta solo perché zoppa e fortunata perché non può fare la contadina. Ma il tempo di questo racconto è dominato dalla campagna, con la sua ritualità, i suoi cicli dettati dalle stelle, dalle stagioni, dal lavoro manuale, dagli innesti, dal mercanteggiare, dal saper mungere le vacche, dalla mostadura. Nelle storie della staffetta partigiana c’è Teresa bambina, il suo sguardo con gli occhi sbarrati, timido, la sua cocciutaggine e quello della sua gente. E’ un libro pieno di immagini. E così abbiamo svuotato il baule di “storie” e abbiamo cercato di riordinarlo, a volte ci si perde e si rimane a bocca aperta, è per questo che abbiamo immaginato Teresa bambina che racconta questa storia, Teresa piccola che cresce e diventa grande, Teresa che si innamora della scuola e vuole continuare, poi la guerra, Reggio e le bombe, la bicicletta azzurra e il vestito a righe gialle. Come si diventa una staffetta partigiana a sedici anni? Teresa non te lo sa spiegare perché non ci ha mai pensato. Semplicemente è stato così.
Santasangre (Roma)
Spettacolo sintetico per la stabilità sociale
ideazione Diana Arbib, Maria Carmela Milano, Luca Brinchi, Pasquale Tricoci
ideazione ed elaborazione del suono dal vivo Dario Salvagnini
con Stefano Cataffo e Roberta Zanardo
Questo nuovo lavoro fa parte di un progetto iniziato nel 2005 dal nome “Studi per un Teatro Apocalittico”, un teatro che rivela, anzi prevede ciò che accadrà nel futuro. Questa nuova produzione è il seguito naturale del nostro spettacolo precedente 84.06, che prendeva spunto dal libro 1984 di Orwell. Ora il punto di partenza della nostra riflessione è Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley. Per noi entrambi gli scritti sono rivelatori di una sociètà futura, ma sottendono una sostanziale differenza: la società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso, nel Mondo Nuovo il castigo è raro e mite e la società è organizzata in modo da poter mantenere una propria stabilità. Il cuore di questo spettacolo sarà proprio la riflessione su quest’ultimo concetto. Vogliamo mettere in evidenza come questo sistema sociale realizzi un controllo quasi perfetto sull’individuo, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, attraverso varie forme di manipolazione non violente a livello fisico, ma di forte condizionamento comportamentale. La scena è proiettata nel futuro. E’ l’inizio di una nuova era, siamo nell’anno di stabilità 632 d.F. (dopo Ford), viene istituito un nuovo modo di vivere e di pensare. Viviamo in un mondo patinato dove non esistono guerre, dove l’organizzazione sociale avviene attraverso il condizionamento indotto fin dalla giovanissima età.
Mover (Roma)
Cosa si dà al cane quando abbaia
tratto da Materiale per Medea di Heiner Müller
regia Juan Diego Puerta Lopez
assistente alla regia Beatrice Busi Deriu
con Lydia Giordano, Danilo Grasso, Marika Riggio
musica Giuliano Lombardo
video Mover in collaborazione con Star Film
«…Ora sto nella gabbia e son qui tutta rotta. Con le cenere dei tuoi baci sulle labbra e tra i denti tutta la sabbia dei nostri anni. Sulla pelle soltanto il mio proprio sudore. Il tuo fiato puzza di un letto diverso. Un uomo alla sua donna dà come addio la morte e la mia morte non ha altro corpo che il tuo…». Cosa si dà al cane quando abbaia è il titolo di un primo studio di teatro fisico, tratto da Materiale per Medea di Heiner Müller. Il testo come pretesto per lavorare su aspetti del nostro vivere quotidiano che spesso nascondiamo o a cui non diamo importanza ma che sono parte della nostra condizione umana contemporanea: l’istinto represso, il desiderio di ribellione, l’incapacità di adattarsi ad una società in continuo mutamento, il senso di precarietà, la frammentazione dell’essere, la perdita di valori legati alla famiglia, alla politica, al lavoro, alla religione, la nausea esistenziale dell’individuo nei confronti della massa, la mancanza di comunicazione…
Michelangelo Dalisi (Napoli)
Primo clown, secondo clown, Amleto
liberamente tratto dall’Amleto di William Shakespeare
traduzione di Agostino Lombardo
adattamento e regia di Michelangelo Dalisi
con Salvatore Caruso, Michelangelo Dalisi, e Francesco Villano
Musiche Bill Frisell, Milton Nascimento, Lucio Battisti
Costumi Gianluca Falaschi
C’è della pazzia, nel metodo. Tre attori, tre cristi, tre scriteriati. Alla ricerca di una messa in scena dell’Amleto. Un Amleto smemorato, che ha smarrito la strada, sotto il peso di una quotidianità folle, sempre in maschera. C’è un serraglio che popola un deserto, o un camposanto, o un teatro improvvisato tra i rovi di un’ultima cena. Gioco, fuoco sotto le ceneri, pazzo animale che urli e nessuno ti sente, fino a che non riesci neppure a ricordare chi sei. Sì, vendetta, tremenda vendetta. Ma prima sbadiglio, e ruggisco, e m’inchino.
Teatro Noctu (Rende – Cs)
Beautiful and agony
Regia e scene Tommy Muto
con Paola Daniele, Raphael Coriera Ribeiro, Federico Cerminara, Luigi Aiello, Graziella Cosenza, T.Muto
oggetti di scena Sergio De Luca e Matteo Barbarossa
scultura ingombrante Sergio De Luca
musiche originali Luigi Porto
video esterno Alessio Gioia
video interno Francesco Manna
rumori/remissaggio musicale François Calabria
L’orrore e il fascino di un omicidio illustre diventano la base del movimento drammaturgico. Il progetto nasce infatti nella mente del regista Tommaso Muto dalla rivisitazione di un noto caso di cronaca, anche se le componenti tecniche vantano profonde radici nella drammaturgia classica. Ad essere raccontato è il dramma di una madre, una sorta di Medea moderna che sacrifica il proprio figlio agli occhi di un mondo incredulo protagonista e al tempo stesso artefice dello stesso infanticidio. I sentimenti contrastanti di Beautiful & agony entrano in scena alternandosi, il bambino è vittima e carnefice, la giornalista è la voce troncata, l’uomo è marito protettivo e padre ferito, l’occhio è il cellophane. E’ il dramma di una società in crisi di un’istituzione, la famiglia, origine e fine dell’umana vita.
Gigi Borruso (Palermo)
Luigi che sempre ti penza
Piccole cronache di un emigrante (in sette movimenti)
drammaturgia e regia di Gigi Borruso
liberamente ispirato alle Lettere di deportati dalla terra di Antonio Castelli
con Gigi Borruso
fantocci di Elisabetta Giacone
consulenza musicale Antonio Guida
assistente alla regia Claudia Puglisi
Ispirandomi ad un piccolo nucleo di lettere di un emigrante siciliano che dalla Germania scrive alla sua famiglia nel 1965, ho immaginato lo sguardo di quest’uomo, la percezione di sé in terra “straniera”. L’ho immaginato nella baracca del cantiere a Kall, intento a rimembrare a voce alta i sogni della notte trascorsa, impegnato inconsapevolmente a definire un’identità messa in crisi dalla paradossale condizione che sperimenta ogni emigrante. Da alcuni anni lavoro ad un teatro che tenta di coniugare la consapevolezza etica con lo stupore fantastico e mitico. Accostandomi ad un tema di attualità, come quello dei migranti, ho lavorato ad una dimensione quasi fiabesca. Provando a ricreare un linguaggio, quale quello suggerito dalle lettere dei nostri emigranti, asciutto e straniato rispetto alle norme della lingua, concreto e polivoco ad un tempo.
Piena Improvvisa (Roma)
La lingua salvata da Elias Canetti
da un’idea di Alessia Berardi
con Alessia Berardi, Raimondo Brandi, Daniel Bacalov
Questo progetto nasce dalla lettura di un romanzo autobiografico: La lingua salvata di Elias Canetti. Il libro racconta i primi anni di vita dell’autore. La storia si svolge soprattutto in Bulgaria nei primi del Novecento. Una storia lontana nello spazio e nel tempo che ha risuonato nel mio immaginario come se mi fosse intima. Io vengo da una famiglia di proletari: tutto per me è lontano non ho oggetti o gioielli che mi porto da generazioni, mia madre ha venduto tutto, anche una bellissima macchina da cucire di mia nonna, era antica e io ancora non la perdono per averla venduta magari per due lire, così non avendo oggetti che si accumulano ho dovuto immaginarli, alterarli e farli rivivere… come in un sogno. Questo è il semplice ponte che in me unisce il teatro a la storia del bambino che si racconta ne La lingua salvata.